Lo scenario post covid e gli accordi di libero scambio: intervista a John Zincani di Kuehne+Nagel

Firenze, Agosto 2021

Nel Febbraio del 2020 Italian Trade Centre ha sottoscritto con Kuehne+Nagel, prima società di logistica internazionale al mondo, un importante accordo di partnership. Nei giorni scorsi l’amico John Zincani arrivato direttamente da New York è passato a farci visita nei nostri uffici di Firenze, ed abbiamo subito approfittato per fargli qualche domanda.

John Zincani riveste la carica di Corporate Counsel (Direttore dell’area Legale del Gruppo) della Kuehne + Nagel nella sede di New York.

Kuehne + Nagel è una multinazionale di diritto svizzero, leader mondiale nell’ambito dei trasporti e della logistica: opera in più di 100 paesi, ha 1400 siti di logistica sparsi in tutto il mondo e + di 78.000 dipendenti. In passato John ha rivestito nell’ambito dello stesso Gruppo il ruolo di Managing Director con mansioni di consulente a soluzioni strategiche import/export.

Come vedi il nuovo assetto macroeconomico mondiale nell’era post Covid?

Per post Covid si può intendere sia un ritorno alla normalità (stampo 2019) sia un ridimensionamento degli strumenti commerciali. Senza una sfera di cristallo, è difficile prevedere quale tra le due alternative sia valida.

Detto ciò, le economie mondiali, composte e spinte in fin dei conti da acquirenti singoli, stanno scalpitando per ripartire ma sono trattenute dall’incertezza. Forse questo è il momento per riflettere sul perchè aziende come Amazon o Netflix abbiano tratto il massimo vantaggio dalla loro “nicchia” di consumatori.

La classica passeggiata a piedi per lo shopping  è stata sostituita dall’alternativa shopping on-line. E questo vale sia per beni di prima necessità, come il cibo, quanto per articoli più costosi come automobili. Entrambi possono arrivarci comodamente a casa (con o senza guanti bianchi!).

Penso che non si potrà più tornare alle “vecchie” modalità di acquisto. Presumo che il commercio si mantenga e si affermi con questi nuovi paradigmi, che dal Covid sono stati solo accelerati e non scoperti.

I centri di distribuzione, ovunque situati, saranno quindi basilari per adeguarsi all’e-commerce. Chi riuscirà a gestire un numero altissimo di piccole spedizioni individuali sarà in grado di evitare spiacevoli sorprese dovute a grandi inventari fermi in attesa. Mi sento di affermare che si potranno fare numerosissimi piccoli affari tramite l’e-commerce ed i piccoli ordinativi.

In questo, la Contract Logistics o la Integrated Logistics, saranno entrambe molto adatte alle esigenze dei piccoli e medi imprenditori potrebbero essere di maggiore supporto se paragonati alla classica Transportation Logistics.

Perchè? Si adattano nell’implementare strategie logistiche molto flessibili e assistono le aziende nell’ identificare le migliori geografie distributive o produttive, velocità, costi, e partner locali.A mio avviso il futuro del commercio internazionale si gioca nella capacità della strategia logistica di muoversi agilmente, mantenendo il proprio target  nel mirino.

Quale l’effetto RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership – l’ accordo di libero scambio più grande della storia) sulla competizione internazionale

Il RCEP nei prossimi anni potrebbe rivelarsi una mossa azzeccatissima per i paesi asiatici, specialmente se anche l’India ne diventasse parte. Senza dubbio, l’area RCEP (Cina, “Tigri Asiatiche”, Giappone e Australia) sarebbe la più grande per volumi e paesi. Va anche detto che le riduzioni dei dazi saranno graduali, e che l’inizio effettivo potrebbe slittare dopo il 2022, dato che ad ora non abbiamo ancora il 60% delle ratifiche.

Questo darà tempo alle aziende di analizzare se varrà la pena di produrre il prodotto in loco. La vera domanda è se le aziende non asiatiche potranno trarne vantaggio, dato che la competizione diretta sarà chiaramente tutta in salita.

Una possibilità sta nel NON CREARE l’intero prodotto in Asia, ma ridurre al minimo la produzione di componenti asiatiche per qualificarsi secondo i criteri RCEP.

Inoltre, sarà molto importante selezionare i luoghi di manifattura che non solo funzionano per l’RCEP, ma anche per altri accordi di libero scambio. Non esiste una formula magica, ma la manifattura dovrà essere valutata prodotto per prodotto. Per evitare che il mercato asiatico fugga dal produttore europeo o nord-americano, sarà necessario adattarsi alle loro aspettative se non si vuole perdere competitività.

Da newyorkese, come valuti il futuro degli scambi commerciali tra USA e Italia

Sia il “Made in Italy” che la connessione Italia-USA rimangono e rimarranno molto forti. L’importante però è mai darla per scontata.

L’acquirente americano è certamente disposto a pagare di più per articoli di lusso o di classe, ma non certo per tutti prodotti solo perché fatti in Italia. Per esempio, le auto italiane (non a nome Ferrari o Lamborghini s’intende!) devono competere con tutte le altre marche mondiali ad armi pari. In questi casi, la competizione parte ab initio. Le coreane, tra le tante, sembrano essere maggiormente quotate dai clienti nel rapporto prezzo/qualità. Mi spiace osservare che il marketing italiano ha bisogno di nuovi spunti e di nuovo story telling (tutto sembra essersi bloccato ad immagini standard del tricolore sulle confezioni!). Il “Made in Italy” è vero che non morirà mai, ma non può essere l’unico cavallo di battaglia!

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